Orchestra MIDI e Template — 46m 59
Orchestrazione Virtuale
Adesso è arrivato il momento di adoperare in modo più consapevole gli strumenti orchestrali. Tutta l’esperienza fatta fino a questo punto ci torna comunque utile, anche se tra l’orchestral hybrid e l’orchestra vera c’è tutto un mondo di distanza. Che si chiama “orchestrazione”.
Prima di tutto togliamoci un pensiero, quello di definire il concetto di orchestrazione virtuale. È un termine che è entrato a far parte dell’uso comune, ma è profondamente sbagliato. Capiamo perché.
L’orchestrazione è il procedimento attraverso il quale affidiamo il miglior ruolo a ciascuno degli strumenti orchestrali. Non fa differenza se stiamo scrivendo per un’orchestra in carne e ossa o per un insieme di sample che verranno riprodotti in base a note e controlli MIDI: il procedimento è assolutamente lo stesso.
Quindi, non ha alcun senso parlare di orchestrazione virtuale come se fosse qualcosa di separato rispetto all’orchestrazione pura e semplice.
Lo stesso vale per altri nomi usati per indicare la stessa pratica, come “synthestration”, un termine nato nei primi anni ‘2000 e ormai caduto in disuso che serviva a far capire subito che ci si riferiva a un’orchestrazione “sintetica”. Veniva usato giusto 20 e più anni fa.
Se possibile, è un termine ancora peggiore di orchestrazione virtuale perché continua a porre l’accento sull’orchestrazione, ma inserisce la parola “synth” e quindi fa pensare che si orchestrino non strumenti veri ma – appunto – dei sintetizzatori.
A questo punto sarebbe stato meglio scegliere “samplestration” o qualcosa di simile, avrebbe perlomeno richiamato alla mente la musica digitale e i sample che sono alla base dell’orchestra MIDI.
Ora, quello che veramente si vorrebbe intendere con queste espressioni è in sostanza solo l’aspetto tecnico del far suonare plausibili o realistici i sample.
Per cui l’accento non dovrebbe andare sull’orchestrazione, ma sullo strumento che si adopera per simularla. In sintesi, per non perdere tempo in definizioni che possono sembrare pedanteria, espressioni come “sample orchestra” o “digital orchestra” o anche, sì, “virtual orchestra” sarebbero tutte molto più appropriate.
Però, se vogliamo farci capire, dobbiamo adoperare il gergo che si è affermato, quindi accettiamo la definizione imprecisa e vediamo quali ne sono le caratteristiche principali.
Per prima cosa, ovviamente, c’è quello che chiunque sa e spiega: che l’orchestra digitale è una specie di mosaico di suoni e non una performance fluida e naturale come quella prodotta da una incisione orchestrale.
Questo significa che gran parte del lavoro che ci spetta come orchestratori virtuali sta semplicemente nel:- Assicurarci che gli strumenti suonino entro la loro estensione naturale
- Assicurarci che nessuna parte ecceda le risorse di uno strumentista in carne e ossa
- Effettuare delle legature naturali e transizioni realistiche da nota a nota
- Adoperare i CC MIDI per scolpire la performance e dare brio e naturalezza al suono
L’elenco qui sopra riguarda veramente l’orchestrazione virtuale. Sono problemi, o esigenze, che non si pongono fuori dal mondo della musica digitale.
Se un compositore scrive una nota troppo alta per lo strumento, lo strumentista non potrà eseguirla e la salterà.
E lo stesso vale per quando si eccedono i limiti di resistenza o di agilità fisica. Ad esempio note tenute troppo a lungo in uno strumento a fiato, o timpani suonati senza rispettare i limiti di intonazione di ciascuno.
Sarà lo strumentista a non suonare o correggere queste inesattezze. Mentre una orchestra MIDI le suonerà di solito senza nessuno scrupolo, anche se sono impossibili o perlomeno implausibili.
Proprio per questo nella lista non ci sono alcuni elementi classici di orchestrazione che di solito vengono proposti come punti chiave per il realismo degli strumenti virtuali.
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Ad esempio, lo scrivere idiomaticamente: un violino o un’arpa non possono essere suonati come si suona il pianoforte.
Ma questo è un errore che può fare anche chi scrive per musicisti reali, e anzi la storia della musica è piena di compositori (anche grandi compositori) che non sapevano notare correttamente l’arpa e scrivevano parti per arpa che erano in realtà molto più simili a parti per pianoforte.
Quindi, possiamo dire che la via migliore sia quella di imparare due discipline differenti allo stesso tempo.
- Prima di tutto, quindi, pensiamo all’orchestrazione, dalla quale dipende la qualità del brano in qualsiasi caso.
- Poi, al secondo posto, mettiamo le tecniche e i metodi che permettono la migliore traduzione del brano orchestrato nel particolare mondo del MIDI e della musica digitale basata sui sample.
Principi Base per Orchestrare
Nel corso di questa e delle prossime settimane vediamo tutti gli strumenti e tutte le tecniche per raggrupparli tra loro fino a creare lo strumento più completo e versatile che esista: l’orchestra.
Affrontare tutto questo può intimidire, ma esistono dei modi per rendere le cose facili e ci concentriamo su questi. Si tratta solo di capire che l’orchestra è divisibile in famiglie di strumenti (legni, ottoni, archi e percussioni) e che le prime tre di queste famiglie possono essere considerate nello stesso modo come un insieme di voci dalla più acuta alla più grave.
Cosa succede quando si divide in questo modo il gran numero di strumenti dell’orchestra? Che si semplifica il procedimento e lo si riconduce al caso più semplice, quello dell’antico coro a quattro voci: soprano, contralto, tenore e basso.
Da qui il passo verso l’orchestrazione è facilissimo e sta tutto nella serie armonica. È sufficiente dedicare un po’ di tempo per conoscere gli strumenti di ciascuna famiglia, a quale voce possiamo ricondurli e quali sono le caratteristiche armoniche del loro timbro.
Sul serio, è davvero così facile se sappiamo come farlo.
E non si tratta nemmeno di un metodo nuovo. È dal 1600 che si scrive musica in questo modo, e nel giro di poche settimane vedremo che nel 1600 già si usavano i “Power Chord” del Metal e del Rock, come spiegato poi nelle lezioni sulla serie armonica.
Non c’è nulla di nuovo sotto al sole: chi ha pratica di musica può facilmente comprendere le regole essenziali per orchestrare.
È solo che tanti manuali e tanti corsi complicano un po’ il lavoro tra formalismi e lunghe serie di caratteristiche da mandare a memoria.
Invece, affrontando le cose da un punto di vista pratico, concreto, e soprattutto scrivendo musica nella pratica diventa tutto molto lineare e gestibile.
Orchestrare con le Sample Library
Da ultimo, dobbiamo prendere in considerazione quegli aspetti tecnici che normalmente i corsi non approfondiscono – o peggio, in qualche caso, insegnano in modo dimostrabilmente sbagliato.
Si tratta, nell’ordine, di capire come e quanto influiscono:
- I “template” MIDI per orchestra
- L’ambiente nel quale è registrata ciascuna library
- Il routing più efficace per una simulazione plausibile del suono orchestrale
- Se, e quando, è opportuno intervenire con plugin audio
- La qualità e la complessità delle diverse library e quanto influisca la normalizzazione dei sample
Qui, già dal succinto elenco sopra, si apre la strada per un gran numero di argomenti diversi.
E, ancora una volta, la maggioranza di questi argomenti ha una risposta esatta e univoca (che non è il solito “se suona bene, va bene” ma risponde a regole precise).
Prendendone solo due come esempio, già possiamo vedere con quanta leggerezza di solito si affronta l’orchestrazione virtuale e il motivo per tanti brani che suonano male.
Per primo: i “template” MIDI, che sono una semplificazione effettivamente utile solo in qualche caso. Ad esempio, quando si scrive spesso, serialmente, lo stesso genere di musica per il licensing.
Oppure se si crea, come è buona pratica fare, un template specifico per un insieme di brani che andranno realizzati in sequenza. La colonna sonora di una serie (divisa in episodi) oppure di un film di cinema. Un progetto di grande respiro, insomma.
Nella maggioranza degli altri casi, sono solo un palliativo che fa perdere più tempo di quanto ne faccia risparmiare.
E ancora: suonano male, come è ben noto sin dagli anni ’60. Perché mischiare tra loro incisioni in diversi ambienti difficilmente dà un buon risultato, e crea l’effetto “sala nella sala” che è uno dei più grandi nemici del realismo.
Sfatiamo quindi questo mito dei template, mostrando quando sono utili e quando sono deleteri. Ma vediamo anche come sfruttare il principio dietro ai template nel migliore dei modi: risparmiando tempo dove si può effettivamente risparmiare tempo e spendendolo invece dove serve per il realismo (un indizio: non riguarda per nulla l’audio).
Per secondo: la normalizzazione dei sample nelle library orchestrali, una pratica standard ma che dobbiamo capire bene per farle suonare al meglio.
Anche se è una delle operazioni più elementari dell’audio digitale, la normalizzazione (ovvero, scalare l’ampiezza dinamica del segnale per farle occupare il maggior numero di bit, come spiegato nelle settimane dedicate all’audio e alla tecnologia musicale digitale) è un elemento critico nella resa realistica dei sample.
Chi applica un compressore a una traccia di orchestra virtuale, riduce la gamma dinamica dei sample che sta usando. Fossero anche i più costosi e ben registrati al mondo, li sta rendendo meno realistici.
Questo è il primo e più evidente segno di un errore di fondo: approcciare la musica orchestrale come fosse un brano pop. Senza prendere in esame che il realismo, la plausibilità, di un’orchestra MIDI sta nell’imitare il suono di un’orchestra dal vivo.
Questa settimana del Master tratta tutti questi argomenti, mostrando pregi e difetti delle diverse soluzioni.
E oltre a mostrarli, li dimostra nella pratica. Perché così questi punti chiave non vengono mai più dimenticati.
Conosci meglio Susanna Quagliariello
Compositore / produttore cinematografico / autore pubblicato. Laurea in Storia e Critica del Cinema, master di alta formazione, licenza triennale di conservatorio, diploma specialistico di composizione e orchestrazione per musica da film. Amministratore VFX Wizard e direttore della scuola online.
01. Avviso Importante Lezioni Questa Settimana
Durata: 1m 40s
Introduzione all’Orchestra
02. L'Orchestra, le famiglie orchestrali, le formazioni
Durata: 5m 44s
03. Lo studio della Strumentazione nella Musica Digitale
Durata: 3m 54s
04. I vantaggi di studiare l'Orchestrazione
Durata: 3m 35s
05. Lo studio tradizionale dell’Orchestrazione e la prospettiva pratica di queste lezioni
Durata: 3m 14s
06. Strumentazione, Orchestrazione, Composizione
Durata: 4m 10s
07. L'importanza dello studio della Strumentazione
Durata: 3m 47s
08. Come lavoreremo: le fonti classiche, gli strumenti MIDI, l'attenzione ai limiti fisici degli strumenti reali
Durata: 4m 24s
09. Dare realismo agli strumenti: Bilanciamento, Timbro e Abbinamenti
Durata: 5m 20s
10. Che cosa è l’Estensione (Range) e perché è importante rispettarne i limiti
Durata: 4m 37s
11. La variabilità dell’Estensione negli strumenti reali e in quelli virtuali
Durata: 3m 33s
12. Che cosa è il Registro e perché è importante nell’individuazione del Timbro
Durata: 3m 01s